Corte dei conti (sentenze), Pubblico impiego, Responsabilità erariale _ Sentenze

Repubblica Italiana

In nome del popolo italiano

La Corte dei Conti

Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana

composta dai magistrati:

dott. GIUSEPPE ALOISIO Presidente

dott. VALTER DEL ROSARIO Consigliere- relatore

dott. SALVATORE CHIAZZESE Consigliere

dott. GUIDO PETRIGNI Consigliere

dott. GIUSEPPE COLAVECCHIO Consigliere

ha pronunziato la seguente

SENTENZA N. 228/A/2021

nel giudizio d’appello in materia di responsabilità amministrativa iscritto al n. ____ del registro di segreteria, promosso da ____ (c.f. ____), nato a ____ (____) il ____, residente a ____ (____), in via ____, n. ____, difeso dagli avvocati ____, ____ e ____ (con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avv. ____, in via ____, n. ____, ____), avverso la Procura regionale della Corte dei Conti per la Sicilia,

per ottenere la riforma della sentenza n. 420/2020, emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana in data 3.8.2020;

visti tutti gli atti e documenti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 26 ottobre 2021 il consigliere relatore dott. Valter Del Rosario, l’avv. ____ per il sig. ____ ed il Vice Procuratore Generale dott.ssa ____.

FATTO

Con la sentenza n. 420/2020 la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana, accogliendo l’istanza della Procura, ha condannato ____ (ex magistrato “laico”, in

servizio presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana nel periodo dal 27.8.2010 al 26.8.2016) a pagare all’Amministrazione del Consiglio di Stato la somma di € 315.364,00, da maggiorarsi di accessori (rivalutazione monetaria ed interessi legali, da calcolarsi secondo le modalità ivi specificate) e spese processuali (queste ultime da rifondersi allo Stato), a titolo di risarcimento del danno da disservizio scaturito dai gravi e reiterati ritardi nel deposito di numerosi provvedimenti giudiziari di sua pertinenza.

In particolare, la Procura aveva riferito che il ____, sin dagli inizi della sua attività magistratuale presso il C.G.A., era stato solito depositare con notevole ritardo rispetto ai termini legali i provvedimenti riguardanti i giudizi di cui era stato nominato relatore, perseverando in tale comportamento negligente nonostante un “ammonimento” formulato nei suoi riguardi dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa nel marzo 2013 ed i solleciti periodicamente rivoltigli dal Presidente del C.G.A. In tale contesto, il ____era stato anche penalmente condannato, con sentenza n. 90/2019 del Tribunale di Palermo (da lui appellata), a mesi sei di reclusione (con sospensione condizionale) per il reato di “rifiuto di atti d’ufficio continuato”, di cui agli artt. 81 cpv. e 328, comma 1, del c.p. In sintesi, limitando la visuale all’arco temporale per il quale non era ancora maturata la prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità amministrativa, risultava che nel periodo dal 28.5.2014 al 26.8.2016:

il ____aveva depositato in ritardo 156 sentenze su 169 (pari al 92,3%);

il ritardo medio nel deposito delle sentenze era stato pari a 200,98 giorni, assai maggiore rispetto a quelli di altri colleghi;

il ritardo medio nello smaltimento del complessivo carico assegnato al ____ era stato di 185,52 giorni.

Nel medesimo periodo il ____ aveva, inoltre, depositato:

21 ordinanze istruttorie collegiali, con un ritardo medio di 79 giorni;

231 ordinanze cautelari entro i termini normativamente previsti;

45 pareri su ricorsi straordinari al Presidente della Regione Siciliana, con un ritardo medio di 64 giorni.

Il ____ aveva, altresì, partecipato dall’1.6.2014 al 26.8.2016 a 46 udienze e 15 adunanze del C.G.A.

Il complessivo carico di lavoro assegnato al ____ nel periodo in questione (pari a 162 giudizi di merito da trattare in pubblica udienza, 37 giudizi da trattare in camera di consiglio, 45 pareri di natura consultiva e 221 ricorsi cautelari) risultava, peraltro, in linea con le prescrizioni generali impartite dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa con la deliberazione emessa in data 18.1.2013.

Orbene, secondo la Procura, i sistematici e cospicui ritardi del ____ nel deposito dei provvedimenti giudiziari avevano cagionato un danno da disservizio, da intendersi come “danno al corretto ed efficiente esercizio della funzione giurisdizionale”, la cui gravità era

concretamente individuabile in proporzione all’entità della violazione degli obblighi gravanti sul magistrato giudicante, finalizzati a garantire il conseguimento della quota del “Servizio Giustizia” su cui l’Ordinamento intende fare affidamento.

In tale ottica, dunque, considerato che i tipici obblighi di servizio gravanti su un magistrato giudicante sono sintetizzabili nella sequenza: studio delle questioni controverse- partecipazione alle udienze ed alle camere di consiglio- redazione e deposito delle sentenze e degli altri provvedimenti, la Procura ha sottolineato che l’osservanza da parte del giudice dei termini fissati dalla legge per il deposito dei provvedimenti viene ad assumere una rilevanza essenziale per assicurare una resa di giustizia efficiente in favore della collettività.

Considerato, quindi, che la percentuale delle sentenze depositate in ritardo dal ____ era stata vicina al 100% e che i ritardi erano stati sistematici, assai consistenti ed ingiustificati (salvo un periodo tra aprile e luglio 2015, in cui egli aveva dovuto affrontare una grave situazione familiare), la Procura ha sostenuto che:

il comportamento tenuto dal medesimo aveva indubbiamente determinato una grave disfunzione nell’espletamento del “Servizio Giustizia” reso dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana;

conseguentemente, dalle violazioni degli obblighi di servizio da parte del ____ era derivata anche una notevole lesione del rapporto sinallagmatico intercorrente con l’Amministrazione d’appartenenza, in quanto quest’ultima aveva regolarmente remunerato il suddetto magistrato, senza ottenere come contropartita una prestazione lavorativa adeguata alle essenziali esigenze di tempestività ed efficienza richieste dall’Ordinamento.

Ciò premesso, la Procura ha ritenuto che, per effetto del “vulnus” arrecato al corretto esercizio della funzione giurisdizionale, mediante l’abnorme violazione della tempistica processuale, l’onere risarcitorio da porsi a carico del ____ fosse quantificabile, in via equitativa, in € 315.364,00, pari al 70% degli emolumenti retributivi lordi (ammontanti ad € 450.520,65) a lui corrisposti nell’arco temporale dal giugno 2014 all’agosto 2016.

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Come detto, la Sezione di primo grado di questa Corte ha ritenuto condivisibile nell’an e congrua nel quantum la domanda risarcitoria formulata dalla Procura nei riguardi del ____.

Preliminarmente, il Giudice di primo grado ha rigettato l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal ____, sottolineando che la Procura non aveva affatto contestato profili di responsabilità disciplinare o sanzionatoria né tantomeno di detrimento arrecato all’immagine dell’Amministrazione del Consiglio di Stato, avendo, invece, correttamente chiesto il risarcimento del danno erariale che era scaturito dal mancato puntuale adempimento da parte del ____ del dovere di tempestivo deposito dei provvedimenti giudiziari, con conseguente lesione del sinallagma contrattuale, che giustificava la corresponsione in suo favore della retribuzione nella misura prestabilita.

In sostanza, facendo riferimento al “petitum sostanziale” ed alla “causa petendi”, in relazione ai fatti descritti ed al rapporto giuridico dedotto in giudizio, il Giudice di primo grado ha ritenuto che la domanda risarcitoria proposta dalla Procura rientrasse pienamente nell’ambito della giurisdizione della Corte dei Conti, considerato anche che il giudizio di responsabilità amministrativa è autonomo rispetto sia al procedimento penale che a quello disciplinare, anche nell’ipotesi in cui i vari procedimenti abbiano per oggetto i medesimi fatti, essendo nettamente differenti le finalità da essi rispettivamente perseguite.

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Nel merito, dopo aver illustrato le diverse tipologie di “danno da disservizio”, caratterizzate dall’inosservanza di specifici doveri gravanti sul dipendente pubblico, con conseguente diminuzione di efficienza ed efficacia dell’azione dell’Amministrazione interessata, che può tradursi in una mancata o ridotta prestazione del servizio pubblico da rendere alla collettività o nella sua deteriore qualità, il Giudice di primo grado ha sottolineato che in tali casi, non

pervenendo l’azione amministrativa al conseguimento delle utilità ordinariamente ritraibili dall’impiego di determinate risorse, viene a concretizzarsi uno spreco di esse.

Orbene, nella fattispecie in esame, i reiterati e gravi ritardi nel deposito dei provvedimenti giudiziari da parte del ____ avevano arrecato un “vulnus” concreto ed attuale all’efficienza ed al buon andamento del “Servizio Giustizia” fornito dal C.G.A. per la Regione Siciliana, rendendo, quindi, ingiustificata, almeno in parte, la retribuzione corrisposta al medesimo magistrato, in quanto volta a remunerare, nell’ambito del rapporto sinallagmatico, una prestazione lavorativa che avrebbe dovuto essere comprensiva anche della puntualità nel deposito dei provvedimenti, e ciò a prescindere sia da specifici reclami e sollecitazioni (che, comunque, erano state talvolta formulate) provenienti dalle parti del singolo giudizio sia da eventuali ulteriori danni da esse subiti e risarciti dall’Amministrazione.

Secondo la Sezione di primo grado, i comportamenti tenuti dal ____, in violazione di un dovere essenziale del magistrato giudicante, erano stati connotati perlomeno da colpa grave, non potendo assumere apprezzabile valenza esimente le riferite problematiche familiari e personali, se non limitatamente al periodo dal 15.4 al 25.7.2015, in cui il ____aveva dovuto assistere un figlio gravemente ammalato.

D’altro canto, i complessivi carichi di lavoro assegnati al ____ erano stati in linea con le prescrizioni impartite dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa con la deliberazione del 18.1.2013 ed erano stati analoghi a quelli degli altri giudici in servizio nel C.G.A., i quali avevano fatto registrare un ritardo medio nel deposito dei provvedimenti pari a 31 giorni, nettamente inferiore ai 200,98 giorni del ____.

In tale contesto, il Giudice di primo grado ha ritenuto che:

nel formulare le contestazioni a carico del ____, la Procura avesse correttamente fatto riferimento ai termini ordinari di deposito dei provvedimenti, così come fissati dalle norme processuali, e non ai termini aggiuntivi, decorrenti da eventuali reclami delle parti interessate, versandosi in tali ultime ipotesi in situazioni già oggettivamente patologiche;

peraltro, la connotazione di “non gravità” del ritardo non eccedente il triplo dei termini ordinari, desumibile dall’art. 2, comma 1, lettera Q, del D.Lvo n.109/2006 e riportata anche nella deliberazione del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa n.15/2016,

riguarda esclusivamente valutazioni di carattere disciplinare, esulanti dall’ambito del giudizio di responsabilità amministrativa per danno erariale.

Acclarata l’oggettiva sussistenza di un danno da disservizio scaturito dai gravi e reiterati ritardi del ____ nel deposito dei provvedimenti giudiziari di sua pertinenza, la Sezione di primo grado, reputando congrua la quantificazione dell’onere risarcitorio a carico del medesimo in misura pari al 70% della retribuzione corrispostagli nell’arco temporale di riferimento, lo ha condannato a pagare all’Amministrazione del Consiglio di Stato la somma di € 315.364,00.

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Avverso la sentenza n.420/2020 ha proposto tempestivo appello il ____, il quale ha, altresì, sviluppato talune argomentazioni difensive nella successiva memoria depositata in data 5.10.2021.

Preliminarmente, il ____ ha reiterato l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, sostenendo che la materia della responsabilità dei magistrati sarebbe integralmente disciplinata dalla L. n.117/1988, come modificata dalla L. n.18/2015.

In particolare, il ____ ha affermato che in base a tale normativa, concernente la responsabilità dei magistrati anche per i casi di “denegata giustizia”, in cui va ricompreso il tardivo deposito dei provvedimenti, spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri l’esercizio dell’azione di rivalsa nei confronti del magistrato, da proporsi dinanzi al Giudice civile, per i danni subiti dallo Stato, che abbia dovuto risarcire il cittadino cui sia stato riconosciuto il relativo diritto.

Secondo l’art. 3 della L. n.117/1988, si ha “diniego di giustizia” nel caso in cui si verifichi il rifiuto, l’omissione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio, una volta che, scaduto il termine previsto dalla legge, la parte interessata abbia presentato istanza per ottenere l’emissione del provvedimento che la riguardi e siano decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, 30 giorni dal deposito in cancelleria di tale istanza, salve eventuali proroghe disposte dal dirigente dell’Ufficio Giudiziario.

A sua volta, l’art. 7 della L. n.117/1988 prevede l’obbligo del Presidente del Consiglio dei Ministri di esercitare dinanzi al competente Tribunale civile, entro due anni dall’avvenuto risarcimento in favore della parte interessata, l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato cui sia stato contestato il “diniego di giustizia”.

Ai sensi dell’art. 8, la misura della rivalsa non può peraltro superare un importo pari alla metà di una annualità dello stipendio, al netto delle ritenute fiscali, percepito dal magistrato all’epoca in cui l’azione di risarcimento sia stata proposta, con esclusione del fatto doloso.

Ciò evidenziato, il ____ ha affermato che la previsione dell’esercizio dell’azione di rivalsa, da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, dinanzi al Giudice ordinario troverebbe fondamento nell’art. 108 della Costituzione, secondo cui le norme riguardanti ogni magistratura vanno stabilite con legge, la quale deve anche assicurare l’indipendenza dei giudici delle magistrature speciali.

Il ____ ha, altresì, rammentato che, per quanto riguarda i giudici amministrativi, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, ai sensi dell’art. 2, lett. Q, del D.L.vo n.109/2006, valuta, ai fini disciplinari, il ritardo nel compimento degli atti inerenti all’esercizio delle funzioni.

In particolare, tale norma, nel prevedere come illecito disciplinare il “reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all’esercizio delle funzioni”, afferma che si presume “non grave”, salva prova contraria, il ritardo che non ecceda il triplo del termine previsto dalla legge per il compimento dell’atto.

Sulla scorta di tali elementi, ad avviso del ____, sarebbe erronea la tesi del Giudice di primo grado, secondo cui nella fattispecie in esame la giurisdizione della Corte dei Conti va ravvisata, a prescindere dall’avvenuto accertamento di illeciti disciplinari e/o di una responsabilità civile dello Stato nei riguardi degli utenti, per il semplice fatto del constatato inadempimento, da parte del magistrato ____, al dovere di tempestivo deposito dei provvedimenti.

In sostanza, ad avviso del ____, trattandosi di una fattispecie di “danno interno all’Amministrazione”, di carattere organizzativo e ravvisabile “in re ipsa”, a prescindere da eventuali doglianze avanzate dagli utenti del “Servizio Giustizia”, si perverrebbe all’inammissibile conclusione secondo cui sussisterebbe la giurisdizione della Corte dei Conti soltanto per fatti esulanti dai giudizi di rivalsa disciplinati dalla L. n.117/1988, nell’ambito dei quali ultimi l’Amministrazione risulta essere concretamente danneggiata per aver dovuto risarcire i soggetti lesi da episodi di denegata giustizia.

Peraltro, in tali casi, qualificabili come “danni aventi rilevanza esterna”, verrebbero applicati i filtri e le limitazioni di responsabilità previsti dalla L. n.117/1988, mentre nei casi di “danni aventi rilevanza interna”, ossia quelli di tipo organizzativo-funzionale, azionati dinanzi al Giudice contabile, non sussisterebbero né filtri (diffida del terzo, con conseguente possibilità di porre rimedio all’inadempienza entro un termine) né limitazioni all’onere risarcitorio, che sarebbe, quindi, determinabile dalla Corte dei Conti anche oltre il quantum vigente in ipotesi di rivalsa da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, circostanze che comporterebbero una lesione del principio d’indipendenza delle magistrature speciali, di cui all’art. 108 della Costituzione.

In conclusione, secondo il ____, dato che la L. n.117/1988, modificata dalla L. n.18/2015, avrebbe disciplinato l’intero ambito delle responsabilità del magistrato, non sussisterebbe la possibilità di aggiungere a tale quadro la giurisdizione della Corte dei Conti, al fine di vagliare e rendere risarcibile anche il danno da disservizio, che sia stato direttamente cagionato dal magistrato all’Amministrazione giudiziaria.

Opinando diversamente, potrebbero prospettarsi alternativamente:

una questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del Codice di Giustizia Contabile, in relazione all’art. 108 della Costituzione, nella parte in cui non esclude dall’ambito della giurisdizione contabile il danno cagionato dai magistrati nell’esercizio delle loro funzioni;

una questione di legittimità costituzionale della L. n.117/1988, nella parte in cui non esclude espressamente la giurisdizione contabile in materia di danni derivanti da denegata giustizia.

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Nel merito, il ____ ha sostenuto che non potrebbe ravvisarsi una sorta di “danno-evento” per effetto della mera violazione delle norme processuali sui termini, da ritenersi peraltro ordinatori, di deposito dei provvedimenti giudiziari, dato che, in tale contesto, il danno da disservizio sarebbe configurabile soltanto come “dannoconseguenza”, occorrendo, quindi, la prova dei maggiori costi che il comportamento illecito del presunto responsabile avrebbe fatto inutilmente gravare sull’Amministrazione.

Pertanto, sarebbe erronea la tesi del Giudice di primo grado, secondo cui:

l’inesatto adempimento della prestazione lavorativa da parte del magistrato ____ aveva cagionato danno di per sé (danno-evento), indipendentemente da eventuali costi sostenuti dall’Amministrazione per la rimozione del disservizio (danno-conseguenza);

infatti, il sistematico deposito dei provvedimenti giudiziari oltre i termini di legge aveva arrecato un pregiudizio concreto ed attuale al buon andamento del C.G.A. ed all’efficienza ed all’efficacia del “Servizio Giustizia” da esso reso alla collettività, a prescindere dall’esistenza di reclami e di istanze di sollecito inoltrati dalle parti interessate nonché dalla dimostrazione di ulteriori danni subiti dalle medesime per effetto dei ritardi in questione.

A tal proposito, il ____ ha ribadito che, avendo il danno da disservizio natura patrimoniale e considerato che egli aveva, comunque, effettuato le proprie prestazioni lavorative, la Procura avrebbe dovuto provare il pregiudizio economico concretamente subito dall’Amministrazione per effetto dei comportamenti (reiterati e cospicui ritardi nel deposito dei provvedimenti) a lui contestati, non potendo, invece, procedersi ad una quantificazione in via equitativa del presunto danno.

In tale ottica, quindi, potrebbe ravvisarsi danno da disservizio soltanto allorchè risultasse che l’Amministrazione non avesse conseguito, sotto i profili quantitativo e qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall’utilizzo di determinate risorse, con correlativo spreco totale o parziale di esse.

Opinando diversamente, secondo il ____, la responsabilità amministrativa verrebbe trasformata da risarcitoria in sanzionatoria, in carenza di apposite previsioni normative.

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Proseguendo nell’esposizione delle proprie doglianze, il ____ ha sostenuto che nella fattispecie in esame non sarebbe, comunque, ravvisabile un significativo danno da disservizio, e ciò avuto riguardo alle complessive risultanze di tutti gli indicatori di efficienza ed efficacia valutabili, non potendo limitarsi la verifica al solo profilo inerente al rispetto dei termini legali per il deposito dei provvedimenti giudiziari.

In tale ottica, il ____ ha evidenziato che, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado, l’efficienza e l’efficacia dell’attività di un magistrato non si esauriscono nel tempestivo deposito delle sentenze, dovendo tenersi conto anche del loro numero e della loro qualità, della redazione dei provvedimenti cautelari, della partecipazione alle varie udienze e del correlativo carico, dei contributi apportati alle discussioni dei giudizi nelle camere di consiglio ecc.

In sostanza, l’attività del magistrato non può essere riduttivamente identificata in maniera essenziale e preponderante nella redazione e nel deposito delle sentenze entro i termini legali, peraltro ritenuti dalla giurisprudenza ordinatori e non perentori, tanto più che, ai sensi

dell’art. 2, lett. Q, del D.L.vo n.109/2006, ai fini disciplinari si presume “non grave”, salva prova contraria, il ritardo che non ecceda il triplo del termine previsto dalla legge per il compimento dell’atto.

Orbene, al fine di dimostrare che il ____ non era un magistrato inefficiente e che i ritardi a lui contestati non avevano determinato un rilevante depotenziamento dell’attività del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana e dei suoi risultati, è stata allegata una perizia redatta dall’ing. ____ (consulente di direzione e specialista in sistemi informatici a supporto delle decisioni).

In tale perizia, nella quale sono stati presi in considerazione numerosi “indicatori di performance”, è stato evidenziato che il ____:

aveva fatto parte di Collegi in misura maggiore rispetto agli altri magistrati in servizio nel C.G.A;

aveva la migliore percentuale di presenze in tutti i Collegi del C.G.A. (giudicanti e consultivi);

aveva redatto più ordinanze cautelari rispetto agli altri colleghi;

era in seconda posizione per numero di sentenze pubblicate;

era in seconda posizione con riferimento alla percentuale di sentenze depositate rispetto al totale di esse prodotto dal C.G.A;

soltanto in relazione ai tempi di deposito delle sentenze era in posizione peggiore rispetto agli altri colleghi, che, comunque, anch’essi avevano fatto registrare rilevanti ritardi in proposito.

In pratica, ad avviso del ____, a fronte dei maggiori tempi che avevano caratterizzato il deposito da parte sua delle sentenze, egli, nel periodo maggio 2014-agosto 2016, aveva partecipato a più udienze ed aveva redatto più provvedimenti (sentenze ed ordinanze) rispetto agli altri magistrati, contribuendo in tal modo al conseguimento da parte del C.G.A. di risultati che furono ritenuti positivi dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.

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Il ____ ha, altresì, contestato l’entità dell’onere risarcitorio posto a suo carico, sostenendo che, in carenza di prova di un effettivo depauperamento subito dall’Amministrazione del Consiglio di Stato e di specifici parametri normativi addotti dalla Procura, la Sezione di primo grado avrebbe arbitrariamente determinato l’onere risarcitorio in una percentuale eccessiva degli emolumenti retributivi lordi a lui corrisposti.

A tal proposito, il ____ ha sottolineato che, anche se in ritardo rispetto ai termini previsti dalle norme processuali, egli aveva, comunque, redatto e depositato tutti i provvedimenti di sua competenza e, quindi, smaltito integralmente i carichi di lavoro che gli erano stati assegnati, senza che il C.G.A. avesse subito aggravi né sotto il profilo finanziario né sotto il profilo organizzativo.

In ogni caso, l’onere risarcitorio posto a suo carico avrebbe dovuto essere rapportato agli emolumenti retributivi da lui percepiti al netto e non al lordo delle imposte.

Il ____ ha, infine, reiterato la richiesta di applicazione in suo favore del potere riduttivo, in considerazione sia dei problemi familiari dovuti alla grave malattia che, nel corso dell’anno 2015, aveva colpito il proprio figlio, con conseguente notevole turbamento psicologico da

lui subito, non soltanto all’epoca del ricovero ospedaliero ma anche durante le cure cui il medesimo giovane era stato successivamente sottoposto, sia del senso del dovere e dell’abnegazione che egli aveva dimostrato nel partecipare ad un gran numero di udienze e di adunanze tenute dal C.G.A., soprattutto nel periodo in cui l’organico dei magistrati laici effettivamente in servizio s’era sensibilmente ridotto e v’erano difficoltà nella costituzione dei Collegi.

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Conclusivamente, il ____ ha chiesto:

preliminarmente, la declaratoria del difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in “subjecta materia”;

nel merito, la riforma della sentenza di primo grado e, quindi, il proscioglimento dalle contestazioni rivoltegli dalla Procura;

in subordine, una congrua riduzione dell’onere risarcitorio posto a suo carico, in quanto eccessivo e sproporzionato.

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La Procura Generale ha depositato le proprie conclusioni, confutando i vari motivi d’appello prospettati dal ____ e chiedendone il rigetto, con conseguente conferma della giurisdizione

della Corte dei Conti in “subjecta materia” e delle statuizioni di condanna emesse dal Giudice di primo grado a carico del ____.

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All’odierna udienza, le parti hanno illustrato le rispettive tesi, confermando le conclusioni già formulate per iscritto.

DIRITTO

Preliminarmente, va vagliata l’eccezione, riproposta dal ____ in grado d’appello, di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti in ordine alla domanda formulata nei suoi riguardi dalla Procura, concernente il risarcimento del danno da disservizio, da intendersi come “danno arrecato al corretto ed efficiente esercizio della funzione giurisdizionale” in favore della collettività, che era scaturito dai reiterati e gravi ritardi del ____ nel deposito dei provvedimenti di sua pertinenza, con conseguente lesione del rapporto sinallagmatico intercorrente con l’Amministrazione d’appartenenza, avendo quest’ultima remunerato il magistrato ____ senza ottenere come contropartita una prestazione lavorativa adeguata alle esigenze di tempestività, efficienza ed efficacia richieste dall’Ordinamento.

Infatti, il ____ ha, in sintesi, sostenuto che:

la materia della responsabilità dei magistrati sarebbe integralmente disciplinata dalla L. n.117/1988, come modificata dalla L. n.18/2015;

conseguentemente, non sussisterebbe la possibilità di aggiungere a tale quadro la giurisdizione della Corte dei Conti, al fine di vagliare e rendere risarcibile anche il danno da disservizio, che sia stato direttamente cagionato dal magistrato all’Amministrazione della

Giustizia, per effetto di gravi e reiterati ritardi nel deposito dei provvedimenti giudiziari.

Orbene, il Collegio Giudicante reputa che tale tesi sia basata su una prospettiva erronea e fuorviante e sia, quindi, priva di giuridico fondamento.

Infatti, dalla disamina della L. n.117/1988, intitolata “Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati”, come modificata dalla L. n.18/2015, si evince che il legislatore ha specificamente disciplinato:

i presupposti ed i limiti per l’esercizio nei confronti dello Stato dell’azione risarcitoria da parte del soggetto che sia stato ingiustamente danneggiato per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario, posto in essere da un magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni, ovvero per diniego di giustizia (artt. 2 e 3);

la competenza ed i termini per l’esercizio dell’azione risarcitoria nei confronti dello Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 4), i requisiti di ammissibilità della relativa domanda giudiziale (art. 5) e l’eventuale intervento del magistrato nel giudizio così instaurato dal terzo danneggiato (art. 6);

l’azione di rivalsa da esercitarsi dal Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti del magistrato che abbia operato con dolo o negligenza inescusabile, cagionando il danno che lo Stato ha dovuto risarcire al terzo (art. 7), la competenza per l’azione di rivalsa e la misura e le modalità di esecuzione della rivalsa a carico del medesimo magistrato (art. 8);

l’azione disciplinare da promuoversi a carico del magistrato autore dei fatti che avevano dato causa all’azione risarcitoria da parte del soggetto danneggiato (art. 9);

la responsabilità civile per il danno subito da un soggetto in conseguenza di un fatto costituente reato commesso da un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, da far valere nei confronti sia del magistrato che dello Stato (art. 13).

Risulta, altresì, che il medesimo legislatore:

all’art. 2, comma 3-bis, ha espressamente fatta salva la possibilità d’instaurare nei riguardi dei magistrati il giudizio di responsabilità amministrativo-contabile, di cui al D.L. n.543/1996, convertito in L. 639/1996, di competenza della Corte dei Conti;

all’art. 13 ha disposto che, in caso di responsabilità civile per i danni derivanti da reato commesso da un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, all’esercizio dell’azione di regresso verso il magistrato da parte dello Stato, che abbia dovuto risarcire il terzo danneggiato, deve procedersi secondo le norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti, che, come noto, attribuiscono, in linea generale, la giurisdizione in materia alla Corte dei Conti.

Appare, dunque, evidente che la L. n.117/1988, avente, tra l’altro, la finalità di tutelare l’indipendenza del magistrato nell’esercizio delle funzioni giurisdizionali, non ha affatto escluso, in linea generale, la configurabilità di ipotesi di ordinaria responsabilità amministrativocontabile, in cui possa incorrere il magistrato per danni direttamente arrecati all’Amministrazione d’appartenenza, e la conseguente esperibilità nei suoi confronti della relativa azione risarcitoria dinanzi alla Corte dei Conti da parte del P.M. contabile.

D’altro canto, non avrebbe alcuna ragionevole giustificazione giuridica e sarebbe anzi foriera di un ingiusto privilegio, in violazione del principio costituzionale di eguaglianza, l’esenzione del magistrato da responsabilità amministrativo-contabile nei casi in cui il medesimo abbia, ad esempio, sottratto o danneggiato beni o valori di pertinenza dell’Amministrazione, abbia leso l’immagine ed il prestigio della medesima mediante condotte costituenti reato e penalmente sanzionate, abbia illecitamente lucrato emolumenti retributivi, tenendo comportamenti lesivi del rapporto sinallagmatico intercorrente con l’Amministrazione d’appartenenza, abbia arrecato disservizio all’organizzazione ed al funzionamento della stessa ecc.

Infatti, in tali ipotesi non sono affatto ravvisabili le peculiari esigenze di tutela dell’indipendenza del magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, che sono chiaramente sottese alle disposizioni contenute nella L. n.117/1988 in materia di presupposti, di “filtri”, di garanzie e di limiti, anche dal punto di vista quantitativo, appositamente previsti per l’assoggettabilità del medesimo a responsabilità patrimoniale, a seguito di azione di rivalsa promossa a suo carico dal Presidente del Consiglio dei Ministri, nell’interesse dello Stato che abbia dovuto risarcire il terzo danneggiato.

Il Collegio Giudicante reputa, pertanto, che debba essere respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal ____, considerato che la Procura della Corte dei Conti, nell’esercizio delle sue attribuzioni a tutela delle pubbliche finanze, ha chiesto la condanna

del medesimo a risarcire il danno erariale diretto, che era scaturito dal mancato puntuale adempimento, da parte sua, del dovere di tempestivo deposito dei provvedimenti giudiziari, con conseguenti disservizio arrecato all’Amministrazione d’appartenenza e lesione del sinallagma contrattuale, che giustificava la corresponsione in favore del ____ della retribuzione nella misura prestabilita.

In sostanza, facendo riferimento al “petitum sostanziale” ed alla “causa petendi”, individuati in relazione ai fatti descritti ed al rapporto giuridico dedotto in giudizio, appare evidente che la domanda risarcitoria proposta dalla Procura nei riguardi del ____ rientri pienamente nell’ambito della giurisdizione in materia di responsabilità amministrativa per danno erariale, istituzionalmente attribuita alla Corte dei Conti.

Ne consegue che vanno dichiarate manifestamente infondate anche le questioni di legittimità costituzionale prospettate dal ____ in sede d’appello.

Va, infine, ribadito che il giudizio di responsabilità amministrativa è autonomo rispetto sia al procedimento penale sia a quello civile sia a quello disciplinare, anche nell’ipotesi in cui i vari procedimenti abbiano per oggetto i medesimi fatti materiali, essendo nettamente differenti le finalità da essi rispettivamente perseguite e le prospettive in cui i fatti vengono inquadrati e valutati.

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Proseguendo nella disamina dei motivi d’appello formulati dal ____, il Collegio Giudicante reputa priva di fondamento la tesi secondo cui il Giudice di primo grado avrebbe disposto la sua condanna al pagamento in favore dell’Amministrazione del Consiglio di Stato della somma di € 315.364,00, limitandosi a ravvisare la sussistenza di un “danno-evento”, correlato essenzialmente alla mera violazione delle norme processuali sui termini di deposito dei provvedimenti giudiziari, a prescindere dalla concreta dimostrazione di un “dannoconseguenza”, ossia dei maggiori costi che i comportamenti oggetto di contestazione avrebbero fatto gravare inutilmente sulla medesima Amministrazione.

Orbene, dalla disamina della sentenza n. 420/2020 si evince che la statuizione di condanna pronunziata a carico del ____ risulta basata su un articolato percorso argomentativo, secondo cui:

nella fattispecie dedotta in giudizio era stato accertato che il ____ aveva sistematicamente depositato i provvedimenti giudiziari, di cui era estensore, con notevole ed ingiustificato ritardo rispetto ai termini fissati dalle norme processuali;

per un magistrato che esercita la funzione giudicante il rispetto dei termini previsti dalla legge per il deposito dei provvedimenti costituisce elemento essenziale della prestazione lavorativa, poiché l’osservanza di tali termini contribuisce a connotare in maniera preponderante, in termini quantitativi e qualitativi, il “Servizio Giustizia”;

il sistematico deposito, da parte del ____, dei provvedimenti giudiziari con notevole ed ingiustificato ritardo aveva, quindi, indubbiamente arrecato un pregiudizio effettivo ed attuale

all’efficienza ed al buon andamento del C.G.A. per la Regione Siciliana ed al “Servizio Giustizia” da esso reso alla collettività;

pertanto, la retribuzione corrisposta dall’Amministrazione al magistrato ____, che era incorso in tali sistematiche inadempienze, era venuta a configurarsi, almeno in parte, come priva di giuridica giustificazione, ossia “sine titulo”, avendo remunerato una prestazione lavorativa resa in maniera non conforme a quella richiesta dal sinallagma contrattuale intercorrente tra le parti;

in pratica, l’Amministrazione aveva patito un danno da disservizio, in quanto, da un lato, il “Servizio Giustizia” reso dal C.G.A. non aveva conseguito, a causa delle gravi inadempienze del Mineo, i migliori “standards” di efficienza e di efficacia che avrebbero potuto essere altrimenti raggiunti e, da un altro lato, non erano state ricavate dall’Amministrazione quelle utilità ordinariamente ritraibili, sotto i profili quantitativo e qualitativo, dall’impiego delle risorse finanziarie stanziate per l’erogazione della retribuzione al magistrato in questione;

in tale peculiare contesto, la quantificazione dell’onere risarcitorio doveva essere necessariamente effettuata in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 del c.c., non essendo possibile stabilire con precisione l’entità del pregiudizio patrimoniale, che era stato indubbiamente subito dall’Amministrazione per effetto delle censurabili condotte tenute dal ____.

Appare, dunque, evidente che il Giudice di primo grado, sulla base degli elementi forniti dalla Procura, ha sostanzialmente ravvisato nella fattispecie in esame un “danno-conseguenza”, concretamente scaturito dagli illeciti comportamenti tenuti dal ____, ed ha emesso, a suo carico, una pronunzia di condanna in funzione risarcitoria del pregiudizio, patrimonialmente valutabile, direttamente subito dall’Amministrazione e non già una pronunzia avente valenza meramente sanzionatoria della violazione di norme processuali da parte del ____.

Orbene, ad avviso del Collegio Giudicante, l’iter argomentativo seguito dalla Sezione di primo grado non appare censurabile, in quanto conforme ai principii elaborati dalla consolidata giurisprudenza in materia (ampiamente richiamata nella sentenza n.420/2020), secondo cui, in caso di mancata od inesatta effettuazione della prestazione lavorativa da parte di un dipendente pubblico, si verifica, ove le inadempienze siano gravi e reiterate, una

notevole alterazione del sinallagma contrattuale, dimodochè la retribuzione corrisposta al medesimo viene ad essere, almeno in parte, priva di valida causa giustificativa, in quanto dalle risorse finanziarie impiegate a tal fine l’Amministrazione non ricava le utilità preventivate, patendo, anzi, per effetto delle inadempienze del dipendente negligente, negative ripercussioni in termini di minore efficienza sotto il profilo funzionale e di minore efficacia, sotto i profili della qualità e della quantità, dei servizi resi alla collettività.

Ovviamente, alle tipologie di danno sopra illustrate possono aggiungersi altre voci, ove l’Amministrazione abbia dovuto impiegare ulteriori risorse per porre rimedio alle disfunzioni scaturite dai comportamenti del pubblico dipendente inadempiente ai proprii doveri e/o per risarcire terzi.

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Acclarata, dunque, l’oggettiva sussistenza del danno da disservizio derivante dai comportamenti del ____, il Collegio Giudicante reputa che in essi sia ravvisabile quantomeno la colpa grave, se non addirittura il dolo (come, peraltro, affermato dal Tribunale penale di Palermo nella sentenza, non definitiva, in quanto appellata,  n.90/2019, che ha condannato il medesimo per il reato di “rifiuto di atti d’ufficio continuato”, di cui agli artt. 81 cpv. e 328, comma 1, del c.p.), non potendo assumere significativa valenza esimente le riferite problematiche familiari e personali, se non limitatamente al periodo dal 15.4 al 25.7.2015, in cui il ____ aveva dovuto assistere un figlio gravemente ammalato.

Infatti, il ____ era indubbiamente consapevole del fatto che la prestazione lavorativa da lui resa non era del tutto conforme al modello legale, tanto più che egli aveva già subito nel 2013 un procedimento disciplinare, esitato nella sanzione dell’ammonimento, e che veniva frequentemente invitato dal presidente del C.G.A. a depositare sollecitamente i provvedimenti arretrati di sua competenza, considerati i cospicui ritardi già maturati.

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Ciò assodato, il Collegio Giudicante reputa, tuttavia, non condivisibile la quantificazione in € 315.364,00 dell’onere risarcitorio posto a carico del ____ dal Giudice di primo grado, ossia in misura pari al 70% delle retribuzioni erogate al medesimo dall’Amministrazione del Consiglio di Stato nell’arco temporale oggetto di contestazione.

In particolare, il Giudice di primo grado è pervenuto a tale conclusione:

affermando che per un magistrato che eserciti funzioni giudicanti il rispetto dei termini previsti dalle norme processuali per il deposito dei provvedimenti costituisca elemento essenziale e preponderante della prestazione lavorativa, poiché il rispetto dei termini legali connota, in termini quantitativi e qualitativi, il “Servizio Giustizia”;

avendo rilevato che il ____ aveva sistematicamente depositato quasi tutte le sentenze di cui era estensore con notevolissimo ritardo rispetto al termine legale (45 giorni, ai sensi dell’art. 89 del Codice del Processo Amministrativo, salve le ipotesi di termini abbreviati), arrecando così un pregiudizio concreto ed attuale all’efficienza ed all’efficacia del servizio reso alla collettività dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana.

A tal proposito, il Collegio Giudicante reputa che, pur essendo la tempestività nel deposito dei provvedimenti uno dei principali doveri del magistrato investito di funzioni giudicanti, l’efficienza e l’efficacia dell’attività del medesimo non possano, tuttavia, essere valutate esclusivamente in rapporto a tale parametro, dovendo tenersi conto anche della quantità e della qualità delle sentenze scritte, della complessità delle questioni ivi trattate, del numero dei provvedimenti cautelari redatti, della quantità delle udienze cui egli ha partecipato, dei contributi apportati alle discussioni dei giudizi nelle camere di consiglio ecc.

Orbene, come evidenziato dal ____ con l’ausilio di una documentata perizia redatta dall’ing. ____ (consulente di direzione e specialista in sistemi informatici a supporto delle decisioni), dall’analisi di vari ed importanti “indicatori di performance” si evince che il medesimo:

aveva fatto parte di Collegi Giudicanti in misura maggiore rispetto agli altri magistrati in servizio nel C.G.A.;

aveva la migliore percentuale di presenze in tutti i Collegi del C.G.A. (giudicanti e consultivi), circostanza che, soprattutto nel periodo in cui il numero dei magistrati laici effettivamente in servizio era diminuito, aveva consentito la celebrazione di tutte le udienze programmate;

aveva redatto più ordinanze cautelari rispetto agli altri colleghi;

era in seconda posizione per numero di sentenze pubblicate;

era in seconda posizione con riferimento alla percentuale di sentenze depositate rispetto al totale di quelle prodotte dal C.G.A.;

soltanto in relazione ai tempi di deposito delle sentenze era in posizione assai peggiore rispetto agli altri colleghi, che, comunque, anch’essi avevano fatto registrare rilevanti ritardi in proposito.

Risulta, altresì, accertato che il ____, sia pure sovente con notevole ritardo, aveva, comunque, redatto e depositato tutte le sentenze, le ordinanze ed i pareri di sua competenza.

Orbene, sulla base di una ponderata valutazione del complesso di tali elementi, il Collegio Giudicante reputa che:

l’onere risarcitorio posto a carico del ____ sia stato quantificato dalla Sezione di primo grado in misura palesemente sproporzionata rispetto alla reale entità del danno da disservizio, peraltro indubbiamente cagionato dal medesimo per le ragioni sopra ampiamente illustrate;

tale onere vada, quindi, rideterminato, sempre in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 del c.c., nell’importo (arrotondato) di € 90.000,00 (da ritenersi comprensivo di rivalutazione monetaria), pari al 20% delle risorse finanziarie (ammontanti complessivamente ad € 450.520.65) che risultano essere state stanziate ed utilizzate dall’Amministrazione del Consiglio di Stato per retribuire il magistrato laico ____ nell’arco temporale giugno 2014-agosto 2016, preso in considerazione dalla Procura regionale.

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Tenuto conto del complessivo esito del giudizio d’appello, il ____ va condannato alla rifusione, in favore dello Stato, delle relative spese.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, in parziale accoglimento del gravame proposto da ____ avverso la sentenza n. 420/2020, emessa dalla Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana in data 3.8.2020, ridetermina in € 90.000,00 (comprensivi di rivalutazione monetaria) l’importo che il medesimo è condannato a pagare all’Amministrazione del Consiglio di Stato, a titolo di risarcimento del danno specificato in narrativa.

Il suddetto importo dovrà essere maggiorato degli interessi legali, con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente sentenza e sino all’integrale soddisfo del credito erariale.

Il ____ è, altresì, condannato alla rifusione, in favore dello Stato, delle spese inerenti al giudizio d’appello, liquidate, a cura della Segreteria, in complessivi € 241,55 (euroduecentoquarantuno/55).

Così deciso in Palermo, nelle camere di consiglio del 26 ottobre e del 23 novembre 2021.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

(f.to Valter Del Rosario) (f.to Giuseppe Aloisio)

Depositata in Segreteria

Palermo, 31/12/2021

Il Funzionario Preposto

(f.to Dott.ssa Pietra Allegra)