algoritmi, Procedimento amministrativo _ Sentenze

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5119 del 2021, proposto da _______, rappresentato e difeso dall’avvocato ______, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Agea – Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;
Regione Campania, non costituito in giudizio;

per l’annullamento previa sospensione

a – della nota prot. n. 2021.982730 del 3.08.2021, notificata a mezzo pec in data 20.09.2021, con la quale Agea, a seguito della applicazione di un nuovo algoritmo di calcolo degli importi delle riduzioni e delle sanzioni, ha rielaborato la domanda di pagamento del ricorrente relativa all’anno 2019 per la Misura 13.1.1 “Indennità compensativa zone montane” del PSR Campania 2014 – 2020, accertando una indebita percezione di un importo pari ad € 4.734,97, che è stato iscritto nel Registro Debitori AGEA ed oggetto di recupero ai sensi del Regolamento UE n. 809/2013;

b – della nota prot. n. 2021.980431 del 3.08.2021, notificata a mezzo pec in data 20.09.2021, con la quale Agea ha rielaborato anche per l’anno 2018 la domanda di pagamento dell’indennità compensativa del ricorrente, accertando la indebita percezione di un importo pari ad € 95,67, che è stato iscritto nel Registro Debitori Agea ed oggetto di recupero ai sensi del Regolamento UE n. 809/2013;

c – di qualsiasi ulteriore atto dispositivo, regolamentare e/o circolare adottato da AGEA, di estremi e contenuto non conosciuti, idoneo ad incidere sulla modalità di calcolo dell’importo percepito dal ricorrente per gli anni 2018 – 2019;

d – di tutti gli atti istruttori, di estremi e contenuto non conosciuti, che hanno condotto al ricalcolo dell’importo già versato al ricorrente a titolo di indennità compensativa per gli anni 2018 – 2019;

e – di tutti gli atti presupposti, collegati, connessi e conseguenziali.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agea – Agenzia per Le Erogazioni in Agricoltura e di Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2022 la dott.ssa Anna Pappalardo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato all’AGEA – Agenzia per le erogazioni in agricoltura (d’ora innanzi Agea) e al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali via PEC il 19 novembre 2021, successivamente depositato il 30 novembre 2021, ______ impugnava della nota prot. n. 2021.982730 e della nota prot. n. 2021.980431, entrambe adottate da Agea il 3 agosto 2021, ed ogni ulteriore atto che aveva condotto al ricalcolo dell’importo già versato al ricorrente a titolo di indennità compensativa per gli anni 2018 – 2019 .

Il ricorrente deduceva di essere titolare dell’omonima Azienda Agricola, con sede in Pisciotta (SA) in Via Mazzini, esercente attività di coltivazione, apicoltura ed allevamento, e di essere proprietario di una vasta area agricola in zona classificata montana, nei Comuni di Pisciotta e di Cannalonga, in Provincia di Salerno.

Rappresentava di essere risultato beneficiario, per gli anni 2018 e 2019, dell’indennità compensativa per le aziende agricole localizzate in territori montani di cui alla Misura 13.1.1 “Pagamento compensativo per le zone 3 montane”, varata nell’ambito del PSR Campania 2014 – 2020 al fine di compensare almeno parzialmente i costi aggiuntivi ed il mancato guadagno dovuti alla particolare ubicazione dei fondi agricoli. In particolare si trattava di indennità per compensare gli svantaggi derivanti dalla localizzazione delle aziende agricole (in attività) in territori classificati

montani, a seguito dell’applicazione della Direttiva 75/268/CEE (art. 3 par. 3), con previsione di un pagamento annuale per ettaro di superficie agricola condotto nell’area eleggibile al sostegno, per compensare (in tutto o in parte) i costi aggiuntivi ed il mancato guadagno dovuti ai vincoli cui è soggetta la produzione agricola nella zona interessata.

Esponeva, in particolare, che tale indennità veniva calcolata sulla base di due parametri, ovvero l’altitudine e la pendenza del terreno, così come stabilito dall’art. 6 dei bandi attuativi della predetta misura (cfr. doc. nn. 2 e 3 allegati al ricorso). In proposito L’art. 6 dei bandi attuativi della predetta Misura, per gli anni 2018 e 2019 (Doc. nn. 2 e 3), rubricato “Entità del premio”, ha specificamente disciplinato la procedura di calcolo, con indicazione della formula matematica, ovvero dell’algoritmo adoperato per il computo della misura.

Proprio in base a tale metodo di calcolo, in relazione alla posizione del ___________, Agea aveva determinato un’indennità di importo pari, per l’anno 2018, ad € 23.729,84 e, per l’anno 2019, ad € 19.709,67, entrambe corrisposte rispettivamente il 24 giugno 2019 e il 30 giugno 2020.

Tuttavia, mediante i provvedimenti impugnati in questa sede e facendo applicazione di un nuovo algoritmo di calcolo degli importi delle riduzioni e delle sanzioni, Agea ( richiamando solo genericamente indicazioni della Commissione Europea) aveva proceduto a rielaborare le domande del ricorrente, riscontrando importi versati in eccesso e quindi da recuperare pari a € 95,67 per l’anno 2018 (nota prot. n. 2021.980431 del 3.08.2021) ed € 4.734,97 per l’anno 2019 (nota prot. n. 2021.982730 del 3.08.2021), con conseguente iscrizione dei predetti importi nel Registro Debitori Agea ed oggetto di recupero ai sensi del Regolamento UE n. 809/2013.

La difesa del ___________, quindi, censurava i provvedimenti impugnati deducendone l’illegittimità perché viziati da:

– carenza di motivazione ex art. 3 l. n. 241/1990, dal momento che l’Amministrazione si è limitata ad esternare il risultato della procedura di ricalcolo senza menzionare quale fosse il nuovo algoritmo utilizzato, con il relativo funzionamento, né la fonte normativa che ne imporrebbe l’applicazione anche alle domande già definite e finanziate. Tanto più se si considera la sproporzione tra le due annualità nel rapporto tra le somme erogate e quelle considerate indebitamente percepite, e quindi l’irragionevolezza degli esiti dell’applicazione del nuovo sconosciuto algoritmo (per l’anno 2018 è stato accertato un debito di € 95,67 sull’importo percepito di € 23.729,84, mentre per l’anno 2019, è stato accertato un maggior debito pari a € 4.734,97 su un minor importo percepito pari a € 19.709,67);

– violazione delle norme sul procedimento (art. 7 l. 241/90), con ricadute sui provvedimenti finali, atteso che il ricorrente in sede di contraddittorio procedimentale avrebbe potuto fornire elementi utili per evitare il ricalcolo o quantomeno evitare le suddette anomalie tra gli importi ricevuti nel 2018 e quelli del 2019;

– violazione della lex specialis, in quanto la manovra di ricalcolo della indennità compensativa avrebbe comportato una modifica ex post delle regole contenute nell’art. 6 del bando attuativo, con conseguente violazione anche del principio di predeterminazione dei criteri di valutazione per i provvedimenti attributivi di vantaggi economici ex art. 12 comma 1 L. n. 241/1990;

– violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/90, risolvendosi i provvedimenti impugnati in revoche implicite delle precedenti determinazioni e non rispettando questi ultimi i requisiti all’uopo richiesti dalla legge, ovvero la manifestazione delle ragioni di inopportunità dell’atto da ritirare e la previsione dell’indennizzo per il destinatario;

– illegittime modalità di recupero del credito vantato, in quanto Agea, con le note impugnate, ha anche disposto che la stessa “provvederà in via prioritaria al recupero delle somme attraverso compensazione automatica, ai sensi dell’art. 28 R.Ce n. 908/2014, sino alla data dell’effettivo soddisfacimento del credito vantato, operando detto recupero sul primo pagamento a qualsiasi titolo effettuato da Agea. In caso di mancato recupero si procederà ad avviare le procedure coattive per la riscossione del credito”, così impattando sull’esercizio dell’attività di impresa del ricorrente, e ciò in violazione del principio per cui in caso di recupero nei confronti del percettore in buona fede, la ripetizione deve avvenire senza incidere significativamente sulle sue esigenze di vita.

Il 7 dicembre 2021 si costituiva in giudizio AGEA mediante memoria di stile.

Non si costituiva in giudizio la regione Campania.

Con ordinanza del 15 dicembre 2021, il Collegio, ritenendo la domanda cautelare supportata da adeguato fumus boni juris e periculum in mora, la accoglieva .

Infine, con memoria del 1 settembre 2022 il ricorrente insisteva nella domanda di annullamento ribadendo le censure contenute nel ricorso introduttivo.

Alla pubblica udienza del 11 ottobre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e pertanto va accolto.

Va premesso che , come esposto in parte narrativa, il presente giudizio ha ad oggetto la domanda di annullamento di due provvedimenti adottati da AGEA mediante l’utilizzo di algoritmi, nel senso che alla formula matematica è stato demandato il computo di ricalcolo della misura spettante, pervenendosi agli atti di secondo grado attraverso l’applicazione di un diverso algoritmo rispetto a quello impostato per la concessione della misura, con una formula che è tuttavia rimasta ignota.

La ammissibilità ed i limiti del ricorso alla cd. decisione algoritmica costituisce una tematica che già da alcuni anni viene affrontata dalla giurisprudenza amministrativa, in ragione del sempre più frequente ricorso allo strumento algoritmico all’interno dei procedimenti amministrativi, soprattutto se caratterizzati da procedure seriali o standardizzate dove occorre gestire un numero notevole di istanze , per la cui elaborazione l’impiego dello strumento algoritmico consente una maggiore velocità, efficienza ed in astratto di maggiore imparzialità.

Applicato alla scelta amministrativa, invero, l’algoritmo porta sempre ad un risultato imparziale, senza che alcun elemento soggettivo possa intervenire a alterare o mutare il risultato. Un pregio è dunque costituito dall’invariabilità dell’esito: i “termini” dell’algoritmo, combinati nel modo assunto dallo stesso, portano sempre e invariabilmente allo stesso risultato.

In questo senso la decisione “imposta” dall’algoritmo appare essere una decisione spogliata da ogni margine di soggettività.

L’algoritmo, sin dalla nozione desunta dai papiri di Ahmes del XVII secolo a.c., consiste in una sequenza finita e ordinata di operazioni elementari e chiare di calcolo che permettono di risolvere, in maniera determinata, un problema. Si tratta di una procedura di calcolo ben definita che consente, attraverso un insieme di operazioni effettuate in un determinato ordine, partendo da un insieme di dati (input), di ottenere un risultato atteso (output): lo stesso, applicato ad una decisione amministrativa, in via informatica è in grado di valutare e graduare una moltitudine di domande (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2270/2019). La prospettiva, dunque, non è solo quella della semplificazione, ma anche quella della buona amministrazione; alle tecnologie si guarda non solo in vista del miglioramento del processo decisionale, ma anche della qualità della decisione.

E’ emersa tuttavia una opposta esigenza che controbilancia le spinte semplificatorie ed acceleratorie, ovvero quella di assicurare un controllo umano del procedimento, in funzione di garanzia ( cd. human in the loop) , in modo che il funzionario possa in qualsiasi momento intervenire per compiere interlocuzioni con il privato , per verificare a monte l’esattezza dei dati da elaborare , mantenendo il costante controllo del procedimento .

Come ha avuto modo di precisare il Consiglio di Stato nelle pronunce dedicate alla questione (cfr. CdS sez. VI, n. 2270 /2019 e le sentt. 8472, 8473, 8474 del 2019), il ricorso alla funzione algoritmica all’interno del procedimento amministrativo non è vietato di per sé, neppure in relazione ai procedimenti caratterizzati da discrezionalità ,anche tecnica, a condizione che si rispettino determinati requisiti, derivanti sia dai principi di diritto interno che dalle norme del diritto europeo (cfr. Cons. Stato, sez.VI, sentt. 881/2020 e 1206/2021).

Il ricorso all’algoritmo, in funzione integrativa e servente della decisione umana, ovvero anche in funzione parzialmente decisionale nei procedimenti a basso tasso di discrezionalità, non può mai comportare un abbassamento del livello delle tutele garantite dalla legge sul procedimento amministrativo, ed in particolare di quelle sulla individuazione del responsabile del procedimento, sull’obbligo di motivazione, sulle garanzie partecipative, e sulla cd. non esclusività della decisione algoritmica.

Tra le indicate garanzie assume primaria importanza il rispetto del principio di trasparenza, che, com’è noto, trova un immediato corollario nell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi ex art. 3 l. 241/90 e che non può essere soppresso né ridotto sol per la presenza di un algoritmo all’interno dell’iter procedimentale.

Invero, il fatto che il provvedimento venga emanato sulla scorta di una complessa operazione di calcolo produce l’opposto effetto di rafforzare, per certi versi, l’obbligo motivazionale in capo all’Amministrazione, la quale dovrà rendere la propria decisione finale non solo conoscibile, ma anche comprensibile.

Occorre spostare l’attenzione a monte , sulla costruzione dell’algoritmo; su come i parametri

dell’algoritmo vengono scelti (operazione di per sé soggettiva), e come si combinano tra loro; e ancor prima su come i termini assunti quale parametro siano stati realizzati.

La questione dell’individuazione dei termini da assumersi per la costruzione dell’algoritmo indica il momento in cui si opera la scelta caratterizzata da discrezionalità, sì che a queste fasi preliminari alla nascita dell’algoritmo devono essere anticipate le garanzie che devono accompagnare ogni scelta dell’amministrazione.

Fondamentale è a tal fine la garanzia di trasparenza, volte ad assicurare la conoscibilità della

costruzione dell’algoritmo, anche, eventualmente, in funzione del sindacato sull’atto adottato sulla base dello stesso: “la decisione amministrativa automatizzata impone al giudice di valutare in primo luogo la correttezza del processo informatico in tutte le sue componenti: dalla sua costruzione,

all’inserimento dei dati, alla loro validità, alla loro gestione” (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 2270/2019).

In caso di decisione fondata su algoritmo, si richiede pertanto che sia assicurata una “declinazione rafforzata del principio di trasparenza”, intesa come “piena conoscibilità della regola espressa in un linguaggio differente da quello giuridico” (Cons. St., sez. VI, n. 2270/2019).

Più in particolare, si è osservato come il principio di conoscibilità comporta che ognuno ha diritto, sia a conoscere l’esistenza di processi decisionali automatizzati che lo riguardino , sia a ricevere informazioni significative sulla logica utilizzata, così come previsto dagli artt. 13 e 14 del GDPR (Regolamento 2016/679) che risultano formulati in maniera generale e, perciò, applicabili sia a decisioni prese da soggetti privati che da soggetti pubblici (cfr. Cons. St. s. 8472/2019).

Inoltre, trattandosi di una decisione presa da una Pubblica Amministrazione, viene in rilievo anche l’art. 41 della Carta di Nizza, ed il diritto ad una “good administration”, laddove afferma che quando la Pubblica Amministrazione intende adottare una decisione che può avere effetti avversi su di una persona, essa ha l’obbligo di sentirla prima di agire, di consentirle l’accesso ai suoi archivi e documenti, nonché di “motivare le proprie decisioni”.

Tale conoscibilità dell’algoritmo deve essere garantita in tutti gli aspetti: dai suoi autori al procedimento usato per la sua elaborazione, al meccanismo di decisione, comprensivo delle priorità assegnate nella procedura valutativa e decisionale e dei dati selezionati come rilevanti.

E tuttavia, la “caratterizzazione multidisciplinare” dell’algoritmo comporta che la sua comprensione non richieda solo competenze giuridiche, ma anche tecniche, informatiche, statistiche, amministrative, sicché non esime dalla necessità che la “formula tecnica”, che di fatto rappresenta l’algoritmo, sia corredata da spiegazioni che la traducano nella “regola giuridica” ad essa sottesa e che la rendano leggibile e, quindi non solo “conoscibile”, ma anche “comprensibile” (cfr. Cons. St. s. 2270/2019).

Dalle coordinate ermeneutiche poste dalle prime pronunce del Consiglio di Stato ,emerge come il rispetto del principio di trasparenza imponga un indefettibile obbligo motivazione a carico della pubblica amministrazione, che si declina nella conoscibilità e nella comprensibilità del meccanismo algoritmico utilizzato. E ciò al fine di consentire, da un lato, il pieno esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto inciso dal provvedimento, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost., dall’altro, il pieno sindacato di legittimità da parte del giudice amministrativo.

Altro principio affermato in sede europea è quello di non esclusività della decisione algoritmica (art. 22 GDPR), il quale attribuisce al destinatario degli effetti giuridici di una decisione automatizzata il diritto a che tale decisione non sia basata unicamente sul processo automatizzato, affidando al funzionario responsabile il compito di controllare, e quindi validare o, al contrario, smentire la decisione automatica.

Ne deriva che, come sopra rilevato, la decisione adottata con ricorso all’algoritmo vede sempre la necessità che sia l’amministrazione a compiere un ruolo ex ante di selezione e verifica, anche per mezzo di costanti test, aggiornamenti e modalità di perfezionamento dell’algoritmo . Ma soprattutto, in tali casi si deve contemplare la possibilità che sia il giudice a “dover svolgere, per la prima volta sul piano ‘umano’, valutazioni e accertamenti fatti direttamente in via automatica”, con la conseguenza che la decisione robotizzata “impone al giudice di valutare la correttezza del processo automatizzato in tutte le sue componenti”. (Cons. Stato, Sez. VI, sent. 2270/2019).

Colgono dunque nel segno le censure mosse dalla parte ricorrente, la quale denuncia proprio il vizio di violazione delle garanzie partecipative e il difetto di motivazione delle note di AGEA prot. n. 2021.982730 e prot. n. 2021.980431 emesse il 3 agosto 2021.

Queste ultime, infatti, hanno giustificato il ricalcolo degli importi dovuti al ___________ con un generico e indeterminato riferimento alla “normativa vigente”, alle “indicazioni della Commissione Europea” e all’utilizzo di “una differente modalità di calcolo degli importi delle riduzioni e delle sanzioni”, che avrebbero condotto alla “applicazione del nuovo algoritmo”.

In tal senso la carenza motivazionale è duplice, tenendo conto della peculiare natura del provvedimento in oggetto, che costituisce atto di secondo grado, andando ad incidere su una precedente decisione favorevole al privato.

La divisata carenza investe, infatti, da un lato, la fonte normativa richiamata per la legittimazione dell’esercizio di un potere con effetto retroattivo, ovvero il ricalcolo delle somme precedentemente già calcolate ed erogate: entrambi i provvedimenti non specificano quali siano le norme interne ovvero le indicazioni della Commissione Europea che avrebbero imposto una differente modalità di calcolo, in particolare per le domande già accolte e finanziate.

Inoltre, gli atti impugnati non contengono alcun tipo riferimento all’algoritmo utilizzato, che viene semplicemente menzionato come il “nuovo algoritmo”, in questo modo venendo meno tanto all’obbligo di indicare quale sia stato il meccanismo informatico di decisione impiegato (c.d. conoscibilità), quanto all’obbligo di spiegare il suo funzionamento in termini comprensibili per l’utente non dotato di competenze tecniche (c.d. comprensibilità).

Tutto ciò con il risultato di una frustrazione anche delle correlate garanzie processuali che declinano sul versante del diritto di azione e difesa in giudizio di cui all’art. 24 Cost., diritto che risulta

compromesso tutte le volte in cui l’assenza della motivazione non permette inizialmente all’interessato e successivamente, su impulso di questi, al Giudice, di percepire l’iter logico –

giuridico seguito dall’amministrazione per giungere ad un determinato approdo provvedimentale.

Gli indicati vizi conducono all’annullamento dei provvedimenti impugnati per carenza dell’elemento motivazionale.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti in epigrafe e condanna l’ AGEA alla rifusione delle spese di lite in favore della parte ricorrente , liquidate in complessivi Euro 2000,00 (duemila/00) , dichiarandole integralmente compensate nei confronti della Regione Campania.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2022 con l’intervento dei magistrati:

Anna Pappalardo, Presidente, Estensore

Gabriella Caprini, Consigliere

Rosalba Giansante, Consigliere